Il giorno in cui Google porterà via il pallone. Dalla cookieLAND al cookieLESS.
di Massimo Pattano, pubblicato da DailyNet il 15.06.2021
Da quando esiste il gioco del calcio, l’incubo peggiore dei bambini di qualsiasi epoca è che il proprietario della magica sfera si ritiri e porti via il pallone. Ecco, sul terreno dei cookie ci ritroviamo in una condizione analoga, anzi peggiore: ci tolgono il campetto! Sì, perché quel proprietario gentile e disponibile che fino a ieri ci aveva dato libero accesso al quel bel campetto, aperto a tutte le ore e sempre ben curato, un giorno ci fa sapere che prossimamente il campo chiuderà. La data è imprecisata, non ci sono informazioni particolari, sappiamo solo che il campo sul quale ci siamo divertiti, abbiamo fatto nuove amicizie, abbiamo sudato, abbiamo imparato a perdere e a vincere, chiuderà. A meno che non ci si adegui a qualche nuova regola, che ancora non si sa … Il signore del campetto getta briciole di speranza, e mentre giochiamo, ancora senza limiti di tempo, sappiamo che prima o poi arriverà la fine.
Ma andiamo oltre la metafora. Il tema supera di gran lunga anche il perimetro strettamente correlato alle dinamiche del digital advertising, riguarda tutto il digitale, il mondo attorno a noi, l’ampia sfera dell’etica prima ancora che quella di mercato. Dovrebbe decisamente entrare nell’orbita della politica che sembra invece voler ignorare la questione. Peccando forse di ingenuità potrei pensare che il digitale non è ancora entrato nella prospettiva dei politici magari semplicemente per una questione generazionale, non è considerato un tema cruciale in un mondo abituato a guardare al brevissimo termine. Ad essere più realista, condivido l’opinione dei molti che pensano che da lungo tempo fa decisamente parte del disegno della politica mondiale, la quale utilizza l’enorme potenziale del digitale a vantaggio di una o dell’altra parte.
Tornando ad occuparci del nostro “campetto”, questo “patto non dichiarato” produce un effetto collaterale devastante per il nostro settore. Il sistema basato sui cookie di terza parte è un modello di gestione condiviso da tutti gli operatori della filiera, un linguaggio comune per pianificare e misurare targeting e performance delle campagne, opportunamente regolamentato per garantire la privacy degli utenti. Con la dismissione di questo sistema viene a mancare l’intera struttura sulla quale si è sviluppato il digital advertising fino ad oggi.
Tra i browser, in Italia, Chrome detiene una quota di mercato pari al 67%. Poi ci sono Firefox col 13%, Safari col 9% e Edge con il 7% (fonte StatCounter, Gennaio 2021). Siamo in una situazione nella quale lasciando ad un unico soggetto la possibilità di determinare le regole del mercato, acconsentiamo a che lo vada a condizionare a proprio esclusivo vantaggio.
Nel caso dell’eliminazione dei cookie di terza parte, il pretesto è quello della protezione della privacy degli utenti. Indiscutibilmente importante, tanto che sono state create normative specifiche in tutto il mondo proprio per regolamentare un aspetto così delicato come quello del trattamento dei dati personali. Ebbene, i browser hanno deciso di fare diversamente, di fatto imponendo il proprio sistema. Nel caso specifico di Chrome questo significa che tutti gli operatori del settore, per poter continuare ad utilizzare tecniche di targeting comportamentale su circa il 70% degli utenti italiani, dovranno adottare nuove soluzioni, meglio se quelle di Google.
Il browser dovrebbe essere solo una porta d’accesso alla rete, per i brand o per gli editori o per chiunque voglia comunicare con gli utenti e per gli utenti che vogliono informarsi, fare acquisti online, passare il proprio tempo libero, ecc. Ora, lo scenario che si sta delineando è che con le limitazioni imposte da Google su Chrome, un solo player avrà l’accesso ai dati di una parte molto rilevante dell’utenza di internet. Col pretesto della necessità di proteggere la privacy degli utenti, il browser e non più l’intero mercato fatto di inserzionisti, editori, piattaforme, operatori, ecc. potrà selezionare ed indirizzare la comunicazione. Quella pubblicitaria, ma anche l’informazione nel suo complesso. La tendenza mi sembra chiara e molto preoccupante.
Nella Risoluzione del 20 ottobre 2020 (P9_TA(2020)0275) il Parlamento Europeo rileva che “… l’analisi dei dati e l’IA influenzano sempre di più le informazioni rese accessibili ai cittadini; che tali tecnologie, se utilizzate impropriamente, possono mettere in pericolo i diritti fondamentali alla libertà di espressione e all’informazione, nonché la libertà e il pluralismo dei mezzi di comunicazione …”.
Nella speranza che il tema venga presto riportato all’attenzione dei tavoli istituzionali e che vengano prese misure concrete a livello sistemico globale, vediamo alcune delle strade che il mercato può intraprendere nell’ambito della pubblicità.
Identification
I dati di prima parte offrono sicuramente un vantaggio competitivo importante per gli inserzionisti come per gli editori ma, specialmente per questi ultimi, risulta molto difficile portare gli utenti alla registrazione. Conosciamo bene le difficoltà degli editori premium che hanno adottato il modello paywall e possiamo immaginare che per gli editori minori sarebbe improponibile. Inoltre, il tema degli unique identifier presenta un problema ancora più grande che riguarda l’inter-operabilità cioè l’impossibilità per tutti gli operatori della filiera di collaborare per mancanza di un “linguaggio” comune. Una direzione praticabile potrebbe essere l’Universal Id ovvero una serie di sistemi che attraverso più fonti creano profili non basati sul cookie sync.
4w partecipa al progetto Nessi, promosso da UPA, un data-lake in cui i brand inserzionisti mettono a fattor comune i loro dati di prima parte in modalità aggregata e anonimizzata, nel rispetto della privacy degli utenti. Con la dismissione dei cookie di terza parte sarà necessaria un’evoluzione anche in questo senso e da parte nostra pensiamo di rilanciare la sfida con l’obiettivo di creare un ecosistema che possa garantire una giusta ridistribuzione del valore agli editori.
Contextual targeting
Oggi più che mai il contesto torna ad assumere un ruolo fondamentale per l’individuazione del target ma rispetto al passato il dato relativo al semplice contesto si è arricchito di numerose, ulteriori informazioni grazie all’intelligenza artificiale che sfrutta algoritmi di apprendimento automatico e metodi di calcolo più veloci. Oltre a garantire la protezione della privacy dell’utente, il principale vantaggio strategico del targeting contestuale è senza dubbio il fatto che consente all’inserzionista di raggiungere l’utente nella situazione di maggior ricettività.
Un network come 4w, per la sua ampiezza e la varietà dei siti che lo compongono, è il terreno ideale sul quale basare attività di contextual targeting. Di base la grande numerosità di url ci dà la possibilità di verticalizzare per contesti anche molto specifici. Inoltre, nel corso dell’anno abbiamo sviluppato un motore di classificazione di pagine web contestuali che ci permette di analizzare il contenuto di siti considerati generici come quelli di news, andando così ad individuare gli elementi-chiave che ci permettono di desumere l’interesse specifico degli utenti.
… e poi c’è Google
Come abbiamo visto in passato nell’ambito degli ad-server o degli analytics, naturalmente Google andrà a proporre la sua soluzione anche per risolvere la questione dei cookie. Al momento si tratta ancora di una sandbox di servizi di cui non si sa ancora molto, tranne che si chiama FLOC “Federated Learning of Cohorts”, una sorta di “Ho chiuso il campetto, ma qua a fianco ho dello spazio libero, sistematevi lì”.
Credits: <a href=’https://it.freepik.com/foto/bambini’>Bambini foto creata da freepik – it.freepik.com</a>

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